ANDATA/RITORNO/ANDATA

di Marco Ongaro, regia di Walter Manfré

progetto di Jana Balkan

con

Isabella Caserta, Marco Ongaro

musiche e canzoni di Marco Ongaro

arrangiate da Enrico Terragnoli

sequenze video di Luca Caserta

foto di scena di Andrea Darra

 Note di regia

Un movimento continuo, andata – ritorno – andata, domina questa nostra riflessione/spettacolo sull’andamento della vita umana. Il tema del viaggio, ormai desueto per la continuità con cui è stato trattato dai poeti, torna qui prepotente come costante di una povera anima che, se non fosse per la propria ingenuità e la solarità che la pervade, sarebbe da catalogare nel ciclo dei vinti di verghiana memoria.

Ma qui la nostra “eroina” vince. Vince. Non trionfa.

Sa attraversare con ostinazione il momento “Peripezie” che ogni racconto impone ed arrivare al porto sicuro di un luogo senza mare dove sa ristabilire l’ “Equilibrio”.

Quanta malinconia durante il percorso, quanta paura. Ma anche quanto calore: di fuoco di legna, di farine impastate, di pani, di case, di occhi di bambini. E poi odori di morte, di vita e tradizioni e regole e leggi che gente da lei lontana ha chiamato con nomi strani. Cud!

Rimbomba questo suono e crea una eco fra i binari solitari di un treno che ogni tanto va e che lei affianca di nascosto per non farsi scoprire: conosce la sua meta e lì vuole arrivare per poi tornare e poi tornare indietro.

Il linguaggio poetico si mescola alla cronaca, il quotidiano diventa sogno, il dolore racconto.

Non più di sé ma di un’altra, ad un tratto, di una Olga come non fosse lei.

E le canzoni, storie anch’esse di altri, di sogni di altri, di vite di altri si intersecano con preghiere e sussurri e canti folklorici e litanie per essere insieme, tutti, “Poesia”.

Si pensa all’inizio di narrare in bianco e nero. Poi ti accorgi che quello non è il sentimento della storia. Cioè non è solo quello. C’è il sogno del mare, il ricordo del fuoco e l’Eldorado con il suo miraggio. Entra il colore e con esso la fiaba.

Senza il colore c’è solo cronaca.

Quella di Olga è infine, per sua fortuna, una fiaba e non temiamo di aver edulcorato troppo quella che in realtà è la storia vissuta di una persona a noi vicina, che conosciamo e che ha impastato i pani che vediamo in scena.

Un giorno, se il rombo cupo del Cud cesserà di minacciare, abbraccerà i propri bambini ormai grandi ed anche per lei ci sarà serenità: ristabilimento dell’equilibrio.

Quando tutto sarà a posto lei ricorderà, speriamo, questa sera di teatro di cui è protagonista e che forse, per un attimo, ha lenito il dispiacere della lontananza.

Una sera di teatro che a noi, senza presunzione, può servire per cercare di capire.

E non è poco.

Walter Manfré

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